Due titolari di gelaterie raccontano perché hanno creduto in questo progetto, perché hanno lasciato che le istanze della comunità entrassero nell’organizzazione dell’azienda per trasformare un po’ tutto.
Gianluca Mosconi, titolare della gelateria Sweet Line a Dogana:
“Aderire al progetto significa in concreto fare attenzione ai comportamenti dei ragazzi. Ad esempio, se mi accorgo che, facendo la fila alla cassa, uno fa il prepotente, lo invito a rispettare le regole, e così il mio personale.
Le gelaterie sono il primo luogo dove i ragazzi vanno da soli, in città, e se hanno bisogno di fare una telefonata, di un aiuto, di sentirsi al sicuro noi ci rendiamo disponibili.
Poi ospitiamo i Caffè pedagogici e le mostre.
Si tratta , in sostanza, di attivare un’attenzione verso i comportamenti dei ragazzi. Inoltre la piattaforma di formazione messa a disposizione dei gelatieri sul web, che serve ad entrare nel progetto e si completa in tre ore, aiuta a comprenderli.
La mia clientela mostra curiosità verso questa iniziativa, specie quando abbiamo i disegni dei bambini in mostra: un po’ alla volta avverte l’adesione al progetto come serietà, professionalità e attenzione alla comunità. Comunque ci possono essere ancora diverse cose da fare per spiegare alla gente di cosa si tratta, con iniziative mirate.”
Claudia Pari, titolare della gelateria Cafè Matisse:
“Non conGelateci il Sorriso non è un progetto pubblicitario, ma etico, e non si fa per avere la foto sul giornale. Però ci ha dato un’attenzione in più, positivamente percepita dalla clientela: il nostro non è solo un buon gelato, ma un gelato “buono”.
Il cuore del messaggio è un bimbo che dice “lasciami sorridere”, e un gelato buono che vuole aiutarlo in questo, creando un ambiente migliore.”