Cosa abbiamo fatto
L’architettura del progetto si delinea efficacemente grazie a questa prima edizione: l’attività in classe consiste in un laboratorio di improvvisazione teatrale e nella successiva rielaborazione in forma di disegni e testi. Le classi coinvolte si scambiano il lavoro realizzato in occasione di un incontro comune. Gli elaborati dei ragazzi sono trasferiti nelle gelaterie aderenti al progetto, con l’obiettivo di diffondere da lì messaggi di valore educativo a favore di altrui coetanei.
Il ruolo dei genitori
I genitori sono coinvolti in più modi, cioè sia in occasione della rappresentazione teatrale sia per partecipare ad un “ caffè pedagogico” che si realizza in una delle gelaterie aderenti. Qui discutono di regole e di educazione insieme a Rita Gatti, una pedagogista.
Potrebbero farlo anche altrove, ma per i genitori (e come succede spesso per gli adulti), il problema è poterne parlare in libertà, senza sentirsi giudicati: i contesti informali, come le gelaterie , permettono di abbassare le difese e di realizzare un confronto tra genitori che hanno gli stessi problemi di crescita dei figli, legati spesso alla difficoltà di dire dei no. Ovviamente il primo caffè pedagogico è stato realizzato a Matisse. Lo ricordo molto bene. C’era un gruppetto di genitori che ascoltava Rita Gatti che parlava a braccio con la modalità e il tono di chi porta un’esperienza. Lentamente le mamme hanno cominciato a parlare della propria situazione e dei propri dubbi. Una proficua situazione di ascolto reciproco, che aiuta a meglio dimensionare la propria personale esperienza e a ricevere un feedback da quella degli altri. Claudia e suo fratello Gualtiero in piedi ad ascoltare. Quella prima sera ho imparato ciò che mi sarebbe servito nelle esperienze successive: non c’era bisogno di microfono né di introduzioni e conclusioni, si stava insieme il tempo che serviva; la riuscita era tutta affidata alla qualità della relazione e al desiderio di essere lì.
Una rete di gelaterie
Quanto alle gelaterie che sostengono questa prima edizione, oltre a Matisse ci sono Il Pellicano con Gianluca Mosconi e La Piazzetta con Maurizio Alessi. Claudia stessa li ha coinvolti perché in questa fase non è facile trovare le parole per comunicare un’idea così nuova. E la comunicazione in effetti assume un ruolo importante fin da questa prima fase, incontrando quella difficoltà a “comunicare la responsabilità sociale d’impresa” che è ancora oggi problema di attualità. L’organizzazione per la quale lavoro in quel periodo ha una free press, una trasmissione televisiva su un’emittente locale e pagine a pagamento sui quotidiani. Con questi strumenti diamo voce all’esperienza attraverso l’intervento diretto dei suoi protagonisti. Anche in questo caso è importante trovare la misura, la scuola e l’educazione non amano la pubblicità, la ribalta.
La prima locandina
Il disegno di un bambino di quinta elementare e la frase che lo accompagna offre lo spunto per la prima locandina del progetto: Gusto bullo, ti cancello. È una locandina su sfondo azzurro come i grembiuli dei bambini della scuola primaria; riproduce molti disegni fatti a matita e, al centro, una gomma. Bellissimo. È Renzo Casali, dell’Agenzia Casali e Associati, che progetta questo primo strumento di comunicazione insieme a Claudia Pari. Per me è una importante occasione di apprendimento; pensavo che i gelatieri volessero investire sulla comunicazione, usarla come strumento di marketing. Nei fatti la locandina fu blandamente accolta, i gelatieri volevano fare le cose che sanno fare: un buon gelato, una buona relazione con i bambini. L’attenzione a questi dettagli mi ha aiutata, nel tempo, a promuovere il coinvolgimento dei diversi attori, ciascuno con la propria specificità e la propria volontà, non piegabile ad esigenze differenti.
Cala il sipario
La prima edizione di Non Congelateci il sorriso chiude con un’associazione di categoria in cui all’epoca lavoro e che lo coordina, tre gelaterie, due scuole, l’università, il sostegno del settore Pari Opportunità e Servizi Sociali della Provincia di Rimini e del Provveditorato agli Studi di Rimini, il patrocinio di Sigep, Salone internazionale della pasticceria e gelateria artigianali, organizzazione che poi diventerà la “casa del progetto”. Nei disegni dei bambini e nelle loro frasi, il bullismo è visto soprattutto come un’aggressione fisica e il bullo come un coetaneo da emarginare. Il pensiero dei bambini entra in gelateria come disegno appeso alle pareti.