Dietro c’è sempre una bella storia

Dove comincia il progetto “Non congelateci il sorriso”

Raccontare per capire

La storia di “Non Congelateci il sorriso, comunità locale, famiglia e scuola per la prevenzione del bullismo” raccontata da chi ne è stato il cuore, la testa, l’anima. Perché la viva voce del racconto possa aiutare chi ha voglia di percorrere strade simili.

Primula Lucarelli mette insieme i ricordi e intreccia le riflessioni:
“Nel 2007 lavoro già da alcuni anni all’interno di una associazione di categoria dell’artigianato e sono impegnata nel coordinamento di un’area di lavoro che si chiama Buon lavoro, cultura del lavoro, relazioni con il sistema dell’istruzione e dell’alta formazione. Il progetto Non conGelateci il Sorriso nasce proprio all’interno di quest’area che si occupa anche di responsabilità sociale delle imprese in particolare verso la Scuola.

Una maggiore consapevolezza del bullismo

In quegli anni, episodi di bullismo cominciano a prendere quota sulla stampa e ad essere indicati come problema in espansione. La letteratura, la ricerca sociale ci dicono che ci troviamo di fronte ad un fenomeno interclasse e intersesso, urbano e delle periferie delle città; riguarda anche le bambine e le ragazze e anche qui nel nostro territorio abbiamo assistito a pestaggi di ragazzine di quindici anni nei confronti delle loro coetanee semplicemente perché avevano osato portar via il ragazzino a qualcun’altra. È una manifestazione, un comportamento che però sta – come ci dice la psicologia dello sviluppo – nell’età compresa tra i dieci e i quindici anni ed è un fenomeno di “insubordinazione” proprio dell’adolescenza che, in quanto tale tende a evolvere e quindi a risolversi, se corroborato dall’educazione, una volta che i ragazzini crescono oppure tende a degenerare in devianza. È una faccenda che riguarda la famiglia, la scuola ma anche la comunità locale. L’idea è che quest’ultima possa farsi carico di questo problema attraverso modalità che di volta in volta possono essere esaminate: partiamo dal presupposto che la comunità locale possa svolgere da un lato un ruolo di osservazione, dall’altro di presidio di comportamenti che, se degenerano, diventano un problema per i singoli, per le famiglie ma anche per il territorio. Il bullismo o si risolve o diventa devianza; in particolare questo non va bene per un territorio come Rimini che fa dell’accoglienza, della cordialità, dell’inclusione la sua carta vincente anche a livello economico.

Cosa possono fare le piccole imprese?

Allora ci siamo chiesti cosa possono fare le piccole imprese per aiutare i bambini, i preadolescenti a crescere e ci siamo resi conto che esistono nel nostro territorio una serie di esercizi ubicati sul tragitto casa-scuola, cioè sul percorso quotidiano dei ragazzini e che tali esercizi sono “ punto di riferimento “ dei primi consumi che i preadolescenti possono compiere in totale autonomia. Fanno parte di questi esercizi le gelaterie, che a Rimini sono oltre 200; sono luoghi frequentati da bambini e preadolescenti dal momento che si tratta di un prodotto che rientra normalmente nelle abitudini alimentari di questa fascia d’età. I gelatieri conoscono bene i bambini, principali consumatori del loro prodotto, così presto molta attenzione a Claudia Pari, titolare della gelateria Matisse. Non la conoscevo e non avevo ancora mai collaborato con le gelaterie e poco sapevo del “mondo” di competenze, storie professionali, filiere produttive che poi avrei scoperto.
Claudia è una giovane imprenditrice di seconda generazione, la sua gelateria e bar caffetteria sono un punto di riferimento a Viserba per qualità e professionalità. Dopo l’università Claudia investe nell’azienda di famiglia, trasformandola in un luogo colto per qualità del cibo e delle relazioni. Il locale deve il nome alla passione di Claudia per la pittura e per l’arte in generale, bel riconoscibile dalle mostre temporanee di pittori locali, ospitate gratuitamente. Ci presenta un comune collega di lavoro che sa cosa faccio io ma non ha idea di ciò che Claudia abbia in testa e che lei mi trasmette così: ““Ho tanti bimbi, ho tante famiglie clienti e mi rendo conto di comportamenti nei confronti dei quali varrebbe la pena di intervenire. Perché non facciamo qualcosa? MI piacerebbe essere di aiuto ai bambini quando si trovano in difficoltà.”